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      Poi guarirò, poi faremo delle passeggiate...
      - Tu hai sorelle? - mi chiese ella sorridendo in mezzo alle sue lacrime.
      - Sí.
      - E le baci?
      - Qualche volta?
      - Baciami come loro.
      La baciai.
      - Non cosí, non cosí, baciami come un'amante!
      Si sollevò un poco sul letto, e mi strinse al suo seno con forza. Mi volse la testa verso la luce, si scostò un poco, e mi guardò con entusiasmo.
      - Voglio vederti ancora... piú bene, cosí, cosí... Oh mio amore! Oh mio bello!
      Mi riabbracciò con delirio, e ricadde spossata sul guanciale.
      - Addio - le dissi io.
      - Non partire, non lasciarmi ancora.
      - Ma è tardi!
      - Resta, resta.
      - Verranno a vederti, ci sorprenderanno.
      - Ebbene, parti, ma lasciami qualche cosa di tuo, un oggetto portato da te, il tuo fazzoletto.
      Glielo diedi.
      - Va' ora, va' - diss'ella. - Fuggi, fuggi... Questa emozione mi ha vinta, la malattia mi riassale; dovrò gridare, verranno a vedermi, corri...
      Non intesi piú nulla. Riattraversai fuggendo le stanze del dottore che dormiva vestito sopra un divano, e nei cui teschi mi parve di rivedere riprodotta e moltiplicata l'immagine spaventosa di Fosca.
      Intendeva ancora dalla via le sue grida acute e terribili.
     
      XXVIII
     
      Trovo nel mio giornale questo frammento scritto in quel giorno medesimo:
      Sono triste, muto, prostrato, annichilito. Appena oso credere alla realtà di una sciagura cosí grande. Fu inganno suo? Fu artificio anche cotesto? Io non lo so, io non so altro se non che mi sono legato per sempre a quella donna. Mi sono lagnato col medico, e gli ho espressi i miei dubbi sulla gravità di quella malattia, e sulla indispensabilità di quella visita fatale.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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