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      Ho raccolto questi fiori che ti mando, e che ho baciato uno per uno, perché tu faccia altrettanto. Non è poca cosa ciò che ti mando oggi: un capello bianco, una falena morta d'amore e un piccolo giardino. Non ti puoi lagnare. Ho anche posto un mio bacio in un punto di questo foglio che non ti dico, e tu devi saperlo trovare. Nella tua prima lettera mi dirai dov'è che le mie labbra hanno toccato. Non te ne dimenticare. Ci tengo a questa prova.
      Addio per ora, o caro Giorgio. È giorno fatto, e posso essere sorpresa. - Mi ami? Dimmi, mi ami ancora? Non ti sarai mutato in questa eternità di dieci ore che ci divide? Io non sono piú quaggiú che per te. Sai dirmi se esiste qualche cosa fuori di noi, qualche cosa che possa dar piacere o dolore? Se vi è una vita fuori del nostro affetto? Come ti amo, Giorgio! Dio mio, come ti amo! E si può tanto amare? Può il cuore umano sentir tanto?"
     
      XXXI
     
      Pochi giorni dopo la guarigione di Fosca, io ero già quasi considerato nella sua casa come una persona di famiglia. Ella aveva saputo trattenermi sí accortamente presso di sé, la sua immaginazione era stata sí feconda di pretesti a questo scopo, che suo cugino, lungi dall'adontarsene, aveva trovato questa intimità naturalissima e me ne sapeva grado come di una cortesia. Egli era un uomo semplice e debole. Benché la bruttezza, e piú ancora la malattia di Fosca, rendessero impossibile e quasi assurdo ogni sospetto di rapporti amorosi tra noi, le imprudenze di lei erano state tante e sí gravi, che avrebbe pur dovuto avvedersene.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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