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      Le pagine che ometto qui, perché dispero di saper esprimere con verità ciò che ho sofferto, dovrebbero contenere i dettagli piú strazianti di questo racconto. Tutta l'orribilità di quel mio passato fu nei due mesi che trascorsi al fianco di Fosca, ed è ciò che è impossibile raccontare. Mi basta di segnare qui alcune epoche per poter dire piú tardi "fu in quel giorno, fu in quell'ora, fu in quell'istante". Il tempo cancella le date impresse dal tempo, ma quelle che il dolore ha scolpite nei cuori degli uomini non si cancellano mai.
     
      XXXVI
     
      Eravamo nel mese di novembre. Fosca mi disse un giorno: - Domani andremo a passare una giornata intiera in campagna, andremo a piangere sulle foglie che cadono.
      Il luogo dove dovevamo recarci era una fattoria a dieci miglia della città, situata in una posizione incantevole, a piedi degli Appennini. V'era già stato con essa altre volte, e vi andava volontieri, benché la compagnia di Fosca mi amareggiasse di tanto quella gioia, da rendermivi quasi indifferente. Ella invece ne era pazza; quelli erano i giorni piú lieti della sua vita. Se io fossi stato poco piú forte, poco piú generoso, avrei potuto e dovuto essere felice di quella felicità sí piena e sí grande di cui godeva ella stessa. Ma io non possedeva che la virtú della tolleranza, non sapeva che rassegnarmi, e non poteva pretendere di piú dal mio cuore.
      In quel giorno ero mesto e scorato piú che mai. Mi ero avveduto che la mia salute si alterava spaventevolmente, e che il mio coraggio, la mia forza, la mia gaiezza svanivano a poco a poco con essa.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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