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      Ho tentato inutilmente di distorgliela da questo progetto, ho dovuto accompagnarvela. In questa stagione! Non mi dimenticherò mai, mai, di questa passeggiata!
      Perché ella ha detto che voleva tentare di ritrovarvi se stessa? Mi ritorna ora in mente questa frase oscura e angosciosa.
      Siamo saliti in una carrozza ove eravamo già stati assieme una volta nei primi tempi del nostro amore. Clara l'ha riconosciuta. V'era ancora nella tappezzeria della vettura un G che ella vi aveva inciso allora con tanti trafori di spillo. Siamo discesi fuori della città dalla parte di Morivione. Siamo stati fino a Vaiano, abbiamo attraversato i prati correndo. Clara ha voluto entrare nella chiesa, e si è inginocchiata un momento per pregarvi. Non vi era dentro anima viva. Che solennità nelle chiese deserte!
      Abbiamo bevuto latte in una di quelle catapecchie miserabili che si trovano allo svolto del canale. Siamo entrati nella stalla; alcuni bambini giuocavano in un angolo della mangiatoia, e ci guardavano attoniti e quasi spaventati; non sapevano levarci gli occhi d'addosso. Che quiete là dentro! che caldo! Ho chiesto a Clara:
      - Vorresti vivere qui con me?
      - No, - rispose ella tristamente - ho orrore della povertà.
      Quella contadina ci ha detto:
      - Loro signori sono già stati qui a San Giorgio, me ne ricordo.
      - Quando? - chiese Clara.
      - A San Giorgio, nel giorno in cui si usa andare a bere il latte in campagna.
      Allorché fummo usciti, Clara mi disse:
      - Ho voluto farle ripetere due volte il tuo nome.
      Ritornammo attraversando quell'argine lungo e sottile che divide i due canali.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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