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      Quante memorie in quei luoghi, quante memorie!
      Clara esclamava tra se stessa: "Pensare che tutto sarà rifiorito a primavera, che questi luoghi ritorneranno cosí belli come lo erano nei primi giorni del nostro amore!".
      - Ebbene, - le dissi io - questo pensiero non ti conforta?
      - Ma saremo noi ancora cosí giovani, ancora cosí felici?
      Non seppi risponderle. Perché ha ella concepito questo dubbio?
      Nel ritornare raccolse presso la siepe di un giardino un fiore di semprevivo, di quelli di cui si intessono le corone mortuarie.
      - Gettalo via, - io le dissi - è un fiore da morto.
      - Perché? - rispose ella con tristezza - se è l'unico fiore che non avvizzisce? l'unico che non muore mai? Il fiore delle memorie è caduco, ma questo sopravvive alla memoria. Quello è per gli affetti vivi, questo per gli affetti sepolti.
      E volle che lo accettassi, e promettessi di conservarlo per memoria di quel giorno.
      - Ritorniamo nella tua stanza, - mi diss'ella - voglio passare tutto il giorno con te, sono pazza oggi. Ho freddo, sono irrigidita, accenderemo il fuoco.
      Durante il tragitto della carrozza incominciò a tremare e rabbrividire dal freddo. Volle che facessi passare anch'io le mani nel suo manicotto. Vi sentii dentro alcuni oggetti che aveva raccolto per memoria di quella passeggiata, una foglia di ellera, un ramoscello d'albero. Percorremmo quel lungo tratto di strada senza parlare, vicini, coperti dalla sua pelliccia, guardandoci, colle mani cosí strette e riunite nel manicotto.
      Accendemmo nella mia stanza un gran fuoco.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213