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      Vi andai. Tanto non avrei potuto evitare di veder Fosca, e il minor male che mi fosse possibile sperare era appunto quello di non vederci da soli. La certezza della mia traslocazione imminente mi infondeva una specie di coraggio che non aveva avuto prima. Per poco non era divenuto anche audace. Affrontava questi pericoli con calma, perché sapeva che erano gli ultimi. La mia apparizione non produsse alcuna sorpresa nei miei commensali, giacché il dottore ne li aveva prevenuti. Il colonnello mi strinse la mano fino a farmi sentire un po' troppo la pressione delle sue dita secche e nervose, e mi disse con schiettezza:
      - Sono veramente contento che non siate ancora partito; me ne dispiace per voi, ma per me ne sono lieto. È una puerilità, un'abitudine come le altre, lo capisco, ma in questo giorno sento anch'io il bisogno di vedermi circondato da' miei amici. Il Natale è la piú bella festa dell'anno. Io non sono né turco, né cattolico - sono semplicemente un galantuomo - ma alcune delle feste cristiane mi piacciono, mi vanno a sangue, armonizzano colle mie convinzioni; io ci vedo dentro un significato profondo, che le apparenze ci nascondono. La religione ne è un pretesto. Che credete? Non è già la nascita di Cristo che noi festeggiamo oggi; noi festeggiamo la famiglia, le gioie della vita domestica, il focolare. Se questa festa si celebrasse in agosto non avrebbe piú una metà della sua importanza; è in questa stagione che sentiamo il bisogno di vederci riuniti. Ecco la casa, il camino, il ceppo tradizionale, la tavola apparecchiata.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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