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      Passando vicino ad uno specchio, vi scorsi riflessa la mia persona, e mi arrestai a contemplarmi. Aveva quasi paura di me, mi pareva che il mio volto non fosse quello, che avrei dovuto averne uno diverso.
      Mi provai a sorridere, e a contrarre in mille modi le mie fattezze. Vi fu un istante in cui mi parve che lo specchio riflettesse il viso di un'altra persona che era dietro di me e vi si affacciava curvandosi dietro la mia spalla. Trasalii, e feci atto di rivolgermi; il lume mi scivolò di mano, cadde e si spense. Quel rumore, quell'oscurità improvvisa mi fecero tornare in me. Lo riaccesi, mi sedetti, tornai a rileggere la lettera di Clara.
      Ora aveva ben compreso; mi premetti le mani sul cuore, e mi abbandonai sulla mia sedia cogli occhi chiusi, quasi sperando che qualche cosa di terribile, di fatale sarebbe successo fra poco, che la casa ove mi trovava sarebbe rovinata, che la terra si sarebbe aperta per inghiottirmi. Non era possibile che ogni cosa in natura continuasse a procedere collo stesso ordine di prima. Sentiva passare le carrozze sulla via, sentiva il cicaleccio dei passeggieri, ma tutto ciò non avrebbe durato piú che un istante. La mia felicità era finita, tutto doveva essere finito. In quel momento scoccarono le sette al pendolo della camera; ogni vibrazione mi parve un colpo di coltello che mi trapassasse il cuore, e mi contorsi e mi raggomitolai gemendo come per difendermi da quei colpi.
      In quell'orribile confusione di idee che s'era formata dentro di me, una ve n'era ben certa, ben chiara, ben definita: io aveva amato un mostro.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Clara