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      Oh! mio Giorgio, mio Giorgio! tu sei mio!
      V'era un accento di cosí selvaggia voluttà nelle sue parole, che il mio cuore si contorse nel seno come un serpente. Quella ripugnanza invincibile che la natura aveva posto fra di noi risorse impetuosa come una corrente per separarci.
      Un moto, un gesto, una mal frenata contrazione dei miei muscoli le rivelarono forse la mia intenzione, poiché in quel punto sentii i nervi delle sue esili braccia stirarsi come corde e stringermi in un amplesso soffocante. Gridai... si ritrasse, mi abbandonò impaurita, s'inginocchiò domandandomi perdono.
      Abbassai lo sguardo verso di lei; quel volto sfigurato dalle lacrime e dal sentimento eccessivo del piacere, i suoi grandi occhi sporgenti dall'orbita, il tremito del suo corpo, mi rivelarono brutalmente tutto l'orrore della mia posizione. Non era la mia anima, non era la mia volontà; era il sangue, erano le fibre, i muscoli, i nervi che si ribellavano a quell'amplesso. L'immaginazione raddoppiò il mio ribrezzo: ricercai sotto quella veste, sotto quei nastri il suo corpo... Ed avrei io?... Mio Dio! Mio Dio!
      Oh! Clara, Clara, perché hai tu ucciso il mio cuore? perché non posso riconfortarmi del tuo pensiero, della tua memoria? perché mi hai lasciato solo colle mie paure, coi miei vaneggiamenti? perché hai tu posto la maledizione sulle mie labbra che non conoscevano che l'amore?
      All'improvviso Fosca tacque, si sollevò, mi guardò in volto e sorrise.
      - Sono pazza! - mi disse - sono pazza! Il mio cuore trabocca di piacere, ed io piango come una sventurata.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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