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      Ella batté palma a palma le mani con uno slancio di gioia puerilmente selvaggia.
      - Cosí, cosí... lo vedete, è proprio lui, il mio amore, il mio bello; lui cosí forte, cosí grande! Egli domanda la mia pietà, lo vedete, lo vedete!
      Passò le mani affilate fra i miei capelli, li attortigliò fra le dita come avrebbe fatto con un bambino, mi lisciò la fronte, mi prodigò cento carezze, mi chiamò con cento nomi teneri. Io taceva e tremava.
      - Credi nella virtú della donna? - mi domandò improvvisamente.
      Perché quella domanda? E quale sarebbe stato l'effetto della mia risposta? Voleva ella darmene una prova? O piuttosto prevenire il mio disprezzo? Assicurare l'impunità della sua colpa?
      - Ci credo - le risposi con un esaltamento che nascondeva assai male la mia convinzione.
      - Non ti pare che vi possano essere delle circostanze che scusino e legittimino il fallo?
      Non risposi. La sua intenzione era palese. Ripugnava alla mia dignità d'uomo contrastarle e schermirmi con un sotterfugio da una promessa che il dispetto e l'affanno avevano strappato al mio cuore. Ripugnava alla mia debole natura incoraggiarla con bugiarde lusinghe.
      Ella mi comprese e tacque.
      - Parlami di Clara - mi disse poco dopo.
      E siccome io non rispondevo, aggiunse con accento carezzevole:
      - Non temere, mio bello, non temere; non ne sono gelosa. Tu non sei piú Giorgio per me, sei l'amore, sei il mio sole. Il sole illumina e riscalda; le creature ne fruiscono senza lamentarsi, ne fruiscono benedicendo; tu sei il mio amore, tu sei il mio sole.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Clara Giorgio