Pagina (14/168)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Allora uno dei frati scopertosi il viso gli mosse un passo all'incontro, e lo chiamò per nome.
      - Che? Siete voi padre Teodoro, e voi padre Andrea? - disse Stefano riconoscendoli entrambi - che il cielo vi benedica, m'avete fatto una paura da non dirsi. E perchè appiattarvi qui come lepri in un cespuglio... Ah! mio Dio, l'ho detta grossa. Basta, fu così per un paragone, e spero non mi vorrete tradire; se no, povero il mio collo. -
      - Noi siamo venuti a mirare l'opera della distruzione, a veder compiuto l'olocausto, a raccogliere i gemiti di tutte queste vittime e offrirli al trono del Signore: chi sa che il giorno dell'espiazione non sia presto maturo. -
      - Oh: se tutti questi poltroni che stan qui a piangere come donnicciuole avessero un cuore come il mio, que' manigoldi non riderebbero lungo tempo alle nostre spalle; e lo stesso duca ci farebbe di berretto se ci scontrasse per via, invece di farci inginocchiare come i pagani davanti all'idolo di Belo. -
      - Lo scampo sta nelle mani del Signore - ripigliò il padre Teodoro - e non in quello degli uomini. Che potreste fare voi altri, branco di pecore, deboli e sommesse, che la voce del padrone manda quando vuole al macello? Al Signore tocca salvarvi, ed egli solo lo può. Finora ci ha dato le prove dell'ira sua castigandoci con ogni sorta di flagelli: ma egli è misericordioso e alla fine si placherà. Che, credete che possa esser lieta una città ov'egli non abita? una città ricetto di scomunicati, senza guida, senza pastore, nella quale lo stesso arcivescovo rifiuta di porre il piede?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





Teodoro Andrea Stefano Dio Belo Teodoro