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      L'hai già ribadito una dozzina di volte, ma non importa; picchiavi su, e che odano il suono del martello fino alla piazza di s. Giovanni alla Conca. Hai capito, Tonio?
      - Ho capito; lasciate fare a me, che picchierò in modo da far miagolare tutti i gatti che la fame ha fatto entrare nel ventre dei milanesi.
      - Bravo figliuolo, che s. Eustorgio ti faccia la grazia di mandarne alcuno davanti alla bottega.
      - Oh, allora vedreste se so colpir netto sì o no; un gatto non è come il saracino, che se non lo cogli ti scarica addosso una tempesta di legnate.
      - E tu lo sai per prova, gaglioffo.
      Poscia, allorchè il garzone fu disceso, Stefano si volse alla moglie, la quale pareva non pigliasse parte alla comune speranza, e stavasene in un canto divorando i singhiozzi. L'armajuolo se le avvicinò affettuoso, e accarezzatole il mento le disse:
      - Sta di buon animo, Cecilia, che le cose andranno alla meglio. La vecchia Marta ne sa più che il Medicina in persona, che pure è astrologo del Duca; e se vuole, in un pajo di giorni ce lo dà bell'e guarito questo cane. A noi che non c'intendiamo di cosiffatte miserie, pare ch'esso abbia un gran male, ma vedrete che colei lo troverà una cosa da niente, uno di quei mali che si cacciano col soffiarvi sopra.
      - Lo voglia il cielo, disse Cecilia; ma se ho a dirti il vero io non ho una fiducia al mondo in codesta Marta. Fin da quando era fanciulla, correvano certe voci intorno a lei.... Parlavasi di bambini scomparsi, di donne ammaliate; e dicevasi la notte udirsi uno strano rumore nella sua casuccia, e vedersi da lungi assai uno splendore come di zolfo, che appestava tutto il Carobbio.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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