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      Basta, non sarą vero, e neppure io proprio l'ho creduto; ma gią se ne sono vedute tante.... Che il Signore ce la mandi buona!
      - Amen. Ma i tuoi spaventi, Cecilia, non hanno fondamento. Io la conosco da un pezzo la vecchia Marta, e quando c'era la buon anima di mio padre, che Dio l'abbia nella sua santa gloria, č venuta pił d'una volta in casa nostra, e so che teneva sempre qualche balocco per me, di che io faceva una festa grande. E allora non la credevano mica una strega, perchč era fresca e belloccia e inoltre soda come una corazza. Di pił intendevasi di slogature, meglio che io di manopole, e le raccomodava con un'arte, con una precisione, che non s'andava pił in lą. E fu bene per una sconciatura che ebbe quel brav'uomo di mio padre nei giuochi dati trentacinque anni fa, quando Azzone nella chiesa di s. Ambrogio cinse il cingolo militare a Francescolo della Pusterla ed a Pinella Aliprando; fu allora che quella donna ci bazzicņ sull'uscio qualche volta. Che vuoi? Finchč fu giovine e bella, la dissero buona, pietosa, caritatevole, infine un mondo di bene. Dappoichč le grinze pigliarono a pigione la sua faccia, e la sua pelle prese il colore di quell'armadio, addio bontą, essa č divenuta una strega, ed č un gran che se non l'hanno gią abbruciata?
      - Eppure, soggiunse Cecilia dopo un istante di silenzio, io non mi sento tranquilla. Ho in animo che quella donna ci debba recar disgrazia.
      - Eh! chetati un po', fanciulla. Sto mallevadore io per essa.
      E infatti quanto alla faccia di strega ci poteva farlo a ragione, e i nostri lettori che vivono in un secolo di tanta luce, s'accorderanno volentieri coll'opinione dell'armajuolo.


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La cą dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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