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      - Vuoi dire che potrebbe tener luogo di acqua, neh? ripigliò il primo. Eppure è di quello della cantina dell'Abate di s. Barnaba, e credo che non lo adoperasse per lavarsi i piedi.
      - Che il diavolo se lo porti, saltò a dire un terzo. S'ei beveva di questo vino, ha meritato di andare all'inferno. Per me tengo migliore d'assai il pestivino che si fa dall'Ambrosiolo presso la chiesa di s. Maria Maddalena. Quello sì che è bollito da leccarsene le dita.
      - Via, via, bel garzone, lo sappiamo che hai una tenerezza particolare per quella bottega e per tutto quello che c'è dentro. Ma bada a' fatti tuoi, che gli occhi della Gilda ne han fatto cadere dei più furbi di te.
      - Bada tu piuttosto a districarti dai lacci di quella tua fornaja; bel mobile per mia fè da farle addietro lo spasimato.
      - Da un canto gli scherzi, amico; tu sai ch'io sono un po' permaloso, sicchè non toccarmi su questo punto.
      - Ih, ih, vedi come s'infiamma subito, e gli salta la mosca al naso. Ho proprio colto nel segno adunque? Povero Scortica, sei cotto davvero?
      Lo Scortica si fece rosso in viso e stava per rispondere malamente a quello scherzo, quando uno dei compagni che non aveva mai aperto bocca, allungò le mani dal posto ove era, e tolta la pentola davanti ai due che parlavano, se la tirò bravamente sotto il mento, dicendo:
      - Intanto che voi state a piatire, io vedrò di pescare le ultime castagne qui dentro. E tu, Randellajo, grida pure la croce addosso alle fornaje, già tu fosti sempre più amico del vino che della pagnotta; nè ti biasimo per ciò. Ma in fin dei conti il pane è pane, e il vino è vino, e coll'uno e coll'altro noi ce la sbavazziamo in barba della peste e della carestia.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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