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      Il qual palazzo era stato in origine eretto da Luchino Visconti, ed era situato allo sbocco della contrada, detta anche oggidì di s. Giovanni alla Conca, là dove all'aprirsi del Corso di P. Romana incrociansi la via dei Moroni col vicolo della Maddalena. Esso abbracciava tutto quel tratto di case che dall'angolo dei Moroni corre fino alla piazza della chiesa, ora soppressa, e la cui facciata, comechè meschina, presenta il più bel tipo che abbia Milano della gotica architettura. Barnabò inoltre aveva aggiunto a quel palazzo alcuni muri forti, guerniti di merli, alti venticinque braccia, talchè aveva piuttosto l'aspetto di castello che di abitazione principesca. Da questo palazzo, fino dai tempi di Luciano, correva una loggia chiusa, che soprastava alle case e metteva dritto nella sua corte posta vicino al Duomo, dov'è adesso la residenza vicereale: e Barnabò, che non aveva più che Luchino tenerezza di comparire in pubblico, ne aveva fatto costruire un'altra del pari coperta, che a guisa di ponte tragittava di là alla sua fortezza di P. Romana. Il nome di Casa dei Cani, attribuito allora a quel luogo, durò fino a nostri dì nella bocca del popolo, ed anche adesso avviene di udirlo qualche volta così denominato. Che poi questo titolo fosse tutt'altro che grato alle orecchie dei milanesi, non è d'uopo che lo diciamo. Chi dei nostri lettori l'ha udito pronunciare da qualche vecchio con quel tuono misterioso e con quelle scrollatine di capo così significanti, potrà far ragione del brivido che avrà messo ai nostri progenitori di buona memoria.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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