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      - Questo cane, gridò lo Scannapecore volgendosi al Duca, ha gli occhi rossi e cisposi ed è dimagrato di un buon terzo.
      - A chi fu dato in custodia?
      - A Bernardino Brivio, lanajuolo.
      - Ebbene, ei pagherà due fiorini d'oro.
      - Oimè, prese a dire singhiozzando il povero lanajuolo, per pagare i due fiorini dovrò chiuder bottega e andare mendicando per le strade.
      - Taci là, balordo, impara ad avere miglior cura dei cani; soprattutto bada a non lasciarti cogliere un'altra volta, perchè non te la caveresti così a buon patto. Ringrazia la bontà del Duca e vatti con Dio.
      - Ehi, ehi, un momento, sclamava lo Sciancato ad un ecclesiastico che era sulle mosse, a vederlo andare in volta quel cane mi ha una cera da poltrone che consola. Già voi altri preti nuotate sempre nel ben di Dio, e questo cane fu pasciuto con tutta la lautezza d'un abate. Che il diavolo mi porti se questo è atto a dare una scrollatina ad una lepre.
      - Che? saltò a dire il Duca, un cane ingrassato in tempo di carestia? Ma quest'è un miracolo: bisogna dire che il corvo del profeta Elia ti porti il cibo ogni giorno. In tal caso tu puoi pagare, senza sconciarti, quattro fiorini d'oro.
      - Messer Duca, supplicava l'ecclesiastico.
      Ma il Duca erasi volto da un altro lato e non badava alle parole di lui: sicchè gli fu forza pigliarsi il suo cane con sè e tra il dolente e lo sdegnoso tornarsene a casa.
      - Deh! messer principe, sclamava un fanciullo di forse tredici anni inginocchiandosi davanti a Barnabò, abbiate compassione di me e della mia povera mamma.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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