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      Poi, come tornato in sè, si volse a dare una ultima occhiata al luogo che doveva abbandonare, e scosse le braccia in atto di rabbia repressa: - Uf! disse levando un gran sospiro: sia fatto come tu vuoi. - E avviossi senza profferir più parola.
      Non erano andati oltre un trenta passi, che dall'officina dell'armajuolo usciva fuori lo Scannapecore seguito da Graffiapelle e da' sei cagnotti, i quali tenevasi in mezzo la Cecilia e Tonio. Quando furono nella via, lo Scannapecore si volse a Graffiapelle, dicendo:
      - Tu, Graffiapelle, starai qui a fare buona custodia alla casa: non voglio che i ladri entrino a spazzarla. Se mai vedessi capitare alcuno, o solo bazzicare per la via, non lascialo sfuggire, m'hai inteso? Di ragione un momento o l'altro ei ci deve venire: e poi il fanciullo non mi par vero di non averlo trovalo. Sarebbe pur stato opportuno nel caso che il Duca avesse voluto lo spettacolo d'un giudizio coll'acqua fredda. Ma ora, andiamo.
      - Ahi! ohi! sclamava Tonio, contorcendosi sotto la mano d'uno che l'aveva stretto in un braccio, che maniere son queste da usarsi coi cristiani? Io non so nulla, io, e lo può dire madonna Cecilia, se non sono un buon garzone, timorato di Dio e del Duca, che lascia stare i cani quando dormono...
      - Orsù, tienti per te le tue chiacchere, mascalzone, gli gridò un altro della schiera, dandogli un punzone per di dietro che quasi lo mandava a gambe levate. Giacchè hai tanta parlantina ti metteremo a stare col bruciavia, che è il più brontolone di tutti i mastini: vedremo un po' la bella figura che vi farai.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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