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      Per lo che quando vi giunsero gli altri trovarono il nido votato, e dovettero tornarsi colle pive nel sacco. Chi fossero poi coloro che stavano là in agguato non è bisogno che palesiamo ai lettori: solo diremo che nel fuggire presero la via di s. Sepolcro e non si fermarono che al crocicchio detto delle Cinque Vie dove abitava Franciscolo.
      Allorchè i due scherani posero piede nel palazzo di s. Giovanni in Conca lo Scannapecore co' suoi trovavasi già alla presenza del Duca, il quale aveva voluto egli stesso interrogare la moglie dell'armajuolo. La Cecilia nell'udire che toccavale di parlare col Duca, aveva riacquistato alquanto della sua naturale fermezza, perchè non le pareva vero che un principe così grande e potente dovesse essere crudele e testereccio come quella turba vile e schiava che gli faceva codazzo. Ma quando al presentarsegli che fece, vide quel suo cipiglio così fiero, e udì quella sua voce aspra domandarle conto del cane, le fuggì ogni coraggio, e si diè a tremare per tutte le membra. Pure facendo uno sforzo, rispose:
      - Deh! signor mio, abbiate pietà di me; io sono un'infelice....
      - Orsù, femmina, disse severo Barnabò, non chiedo chi tu sia, è del cane ch'io chiedo.
      - Oh! poveretta me! il cane... il cane....
      - Or bene, il cane?
      - Il cane.... è.... è morto.... disse Cecilia con voce quasi spenta.
      - Morto? Morto? gridò il Duca alzando e passeggiando per la sala. Il più bell'alano che abbia fermato una lepre? Per Dio! tu pagherai dodici fiorini d'oro, e ringraziami di lasciarti andare così a buon patto.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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