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      Ma tu terrai conto della buona volontà, non è vero?
      - Non è questo ch'io voleva dire, messer Stefano, forse mi sarò spiegato male, e vi prego di scusarmi. Io intendeva che le ricompense che me ne potessero venire non valgono un acca a fronte del gusto che provo nell'averla fatta tenere a quei birbi di canattieri. Oh! lo Scannapecore vuol rimanere con tanto di naso quando udrà narrarsi la cosa. E quello scimunito di Graffiapelle! ah! ah!
      - Di' un po', Martino, non l'avresti mica?.... Hai capito, che cosa voglio dire.
      - Oh! state pur tranquillo, che quel balordo se l'è cavata colla paura. M'era ben nato il grillo di dargli tal ricordo che gli togliesse per sempre la voglia di far male alla povera gente. Ma ho pensato che avrei guasta la nostra faccenda, e messa in pericolo, più di quel che si trova, madonna Cecilia: sicchè mi accontentai di fargli sentire sotto il mento il freddo dell'acciajo, e lo lasciai stare. E poi era tanto cotto che sarebbe stato come sforacchiare un sacco, ed io non voglio assassinare nessuno.
      - Bravo il mio Martino, hai più giudizio di quel che credeva.
      - Sì certo, e n'ebbi tanto da frugar nella casa così all'oscuro per portarne fuori quel poco ben di Dio che si poteva. Ma sì, quei birbi avevano già votato gli armadj, e non avevano lascialo che i cenci. Neppure le minuterie di madonna Cecilia dimenticarono, sebbene non fosse sì facile il trovarle, tanto che dovetti proprio tornarmene a mani vote, salvo la miseria di alcune lire imperiali uscite di tasca a Graffiapelle nello stramazzare e che io raggranellai alla meglio.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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