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      Frate Andrea non potč trattenersi dall'accompagnare, come per istinto, la cantilena intuonata nel coro, e ripetere i versetti di quel salmo sublime che incomincia: Magnificat, anima mea ecc. Quand'essi si trattennero ad ascoltare, il coro era giunto quasi alla metą del cantico, proprio a quelle parole - Et misericordia ejus a saeculo et in saeculum: super timentes eum. - Le quali parole contenenti un'ineffabile promessa, un conforto dolcissimo, accompagnate colla melodģa dell'organo e col fumo dell'incenso che diffondevasi per la corte, commossero fortemente il cuore dell'armajuolo, e gli smunsero una lagrima. Egli le ripetč col tuono di chi s'appiglia a una speranza tanto pił cara quanto pił debole e lontana: e nel pronunciarle la sua voce tremava, e il suo cuore facevasi gonfio come se volesse scoppiargli dal petto. Il qual atto non fu notato dal frate, cui la poesia di quel salmo non faceva sull'anima maggior sensazione, di quel che faccia all'occhio d'un carbonajo l'aspetto sublime dei monti. L'abitudine distrugge ogni sentimento di piacere. Quanto a Martino poi non poteva certo accorgersene, perchč fino dal primo por piede nel convento erasi staccato dal padrone, un po' per lasciargli libertą di favellare col frate, ma pił di tutto per correr dietro a certo odore che toccavagli forte il naso, e che non era quel dell'incenso. Il qual odore partiva da un salotto terreno che serviva di refettorio, a lato a cui era la cucina, grande e sterminata come quelle di tutti i monisterj, e tutta in faccende pei preparativi della cena.


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La cą dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





Andrea Magnificat Martino