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      Non voglio che gli altri abbiano a vedervi; chè quanto al priore penserò io a farlo avvertito. Orsù, dov'è quel vostro compagno? Se non m'inganno, alla cera ei mi sembra Martino. Ma dove mai si è ficcato?
      - Sono qui, sono qui, padre Andrea, disse Martino facendosi innanzi sulla punta dei piedi. Ho voluto far conoscenza un po' col convento, perchè a dir il vero, ho sempre provato una tenerezza, uno struggimento straordinario per divenir frate. Adesso poi la vista del refettorio mi ha convertito affatto, sicchè mi metto nelle vostre mani, padre Andrea, disponete di me a vostro grado.
      - Via, non dubitare figliuolo, rispose padre Andrea, quel po' di benedizione che il Signore manda a' suoi servi scenderà anche su di te.
      - E voi ne avrete doppio guiderdone, soggiunse Martino, perchè non è soltanto un atto d'ospitalità che fate, ma è carità delle fiorite. Son dei giorni tanti che il nostro stomaco grida pane.
      - Santo Iddio! E perchè non farcene motto mai? saltò a dire il frate. Noi non istiamo al largo, è vero, ma in qualche cosa avremmo pur potuto giovarvi. In questo avete avuto il torto, Stefano mio.
      - Che volete? rispose l'armajuolo, furono tanti i guai che mi sbalordirono in questi dì, che è un miracolo se ho tenuto il capo a segno.
      - Or bene, ritiriamoci, disse padre Andrea, ci racconterete poi tutto a miglior agio.
      Ciò detto, il frate prese entrambi per mano e senza dire una parola li fe' attraversare un vasto cortile, poi condottili sotto un portico situato al lato opposto a quello ov'era la chiesa, aprì un uscio e fe' cenno ai due che entrassero.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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