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      Nel mattino appresso Barnabò Visconti erasi alzato per tempo, e aveva fatto chiamare i suoi due figliuoli Rodolfo e Lodovico non che il Medicina, il quale, oltre all'essere cameriere ed astrologo del Duca, adempiva anche l'uffizio di segretario, quando ne faceva d'uopo.. Da lì a breve entrarono anche Uberto da Monza, Airone Spinola e Gavazzo Reina suoi consiglieri e familiari, i quali cercati all'infretta, erano accorsi dubbiosi di qualche infausta novella. Barnabò camminava su e giù per la sala a passi concitati, e colle mani spiegazzava una pergamena, su cui di tanto in tanto gettava gli occhi. Il suo volto era corrugato e arcigno più del consueto, e le pupille gli splendevano d'una luce fosca e sanguigna. I consiglieri appena entrati s'accorsero del turbamento del Duca, e poichè sapevano con che uomo avessero a fare, si tennero in disparte e silenziosi, finchè non gli fosse piaciuto di rivolger loro la parola. Infatti Barnabò, fatti ancora due giri per la camera, si trattenne e voltosi a' suoi, disse:
      - Cattive nuove debbo darvi questa mattina. Il papa non si tien pago degli anatemi e delle scomuniche, e mi vuol morto ad ogni costo. La bolla che feci ingojare a Urbano V sul ponte del Lambro, sembra che sia passata nello stomaco di Gregorio XI, nè c'è verso ch'ei possa digerirla. Ma pazienza! questa volta l'ho meritata: doveva mandarlo sulla bella prima a tener compagnia ai pesci, che nè lui nè i suoi successori m'avrebbero dato più noja.
      - Con rispetto della signoria vostra, prese a dire senza esitare lo Spinola, d'un mal grande si sarebbe fatto un mal peggiore: e poi toltone uno, ne sarebbero sorti contra cento nemici.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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