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      - O degno fratello di Matteo! ripigliò il frate, hai tu dunque l'animo tanto indurito, che nè le lagrime dei popoli valgano a commuoverlo nè le minacce divine a scuoterlo? Non temi adunque l'ira del Signore, chè vuoi vederla compiuta? Or bene, va, prosegui la nefanda tua opera, opprimi, uccidi, distruggi, ma bada che la spada dell'angelo ti sta sopra. Anche Faraone si rise delle minacce di Mosè e non prestò fede ai castighi del cielo, ma rimase immerso nelle acque del mar Rosso. E tu impuro, sacrilego, eretico, fratricida, tu morrai della morte istessa che le tue mani prepararon al fratel tuo. Questo ti dice il Signore pur bocca del suo servo.
      Intanto che così parlava, il padre Teodoro erasi infiammato in viso, gli occhi gli brillavano d'una luce straordinaria, la sua voce erasi fatta grave e tuonante, e la persona pareva ingrandita d'assai e quasi sollevata da terra. Il Duca per un istante restò affascinato dalla prepotenza di quelle parole, fors'anche più per la stranezza del caso, perchè non mai eragli toccato di vedere tanto ardimento al suo cospetto. Ma lo sdegno soverchiò tosto ogni altro sentimento, talchè alzatosi con violenza, mosse un passo alla volta del frate, come in atto di disserrarglisi addosso; poi, trattenutosi improvvisamente, si volse al compagno che stava in silenzio, sebbene franco e animoso, e con un sorriso d'ironia più terribile che qualunque impeto d'ira, gli disse:
      - E tu, degno compagno di questo valente apostolo, non hai tu pure la predica da spifferarmi?


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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