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      Chi poi fosse maravigliato di quella grand'ira del Duca, allorchè intese l'apostrofe del padre Teodoro, sappia, che quelle erano le precise parole colle quali terminava la scomunica fulminata da Innocenzo VI contro di Barnabò; scomunica che gli diede sì gran molestia, e che fu, si può dire, il principio d'ogni suo danno. Le quali parole erano le più forti e le più terribili che la Chiesa avesse adoperato, talchè lo stesso Barnabò, che era solito ridere dei brevi e delle bolle, ne era rimasto fortemente crucciato, conoscendo assai bene quanto potere fosse in esse. Perchè è d'uopo sapere, e il nostro cronista lo afferma, che il Duca aveva buone lettere, e intendevasi di latino, e specialmente di faccende ecclesiastiche meglio che un canonico. Sopra le bolle e i brevi poi aveva fatto lunghissimi studii, ed era molto addentro in tutto ciò che apparteneva al jus ecclesiastico. Non ultima questa tra le bizzarre qualità di quel singolarissimo principe.
      Girardolo della Pusterla, poichè fu partito il Medicina, erasi fatto dappresso ai due frati, e più al padre Teodoro, siccome quello che al suo ingegno perverso e beffardo sembrava il più ghiotto e il più solazzevole.
      - Domine miserere, gli disse, voi siete fatto estranio a questa valle di lagrime. Buon padre, non vi degnerete voi di guardare in viso a un meschino peccatore, che implora a ginocchio la vostra benedizione?
      - Vade retro Satana, sclamò il padre Teodoro protendendo le mani.
      - Ah! padre, voi siete anche esorcizzatore? Questo non sapevo io.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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