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      Primo entrò il padre Teodoro, poi venne padre Andrea, sempre recitando il salmo ad alta voce. E anche dopo che furono dentro, anche dopo che la fiamma ebbe cominciato ad appiccarsi ai quattro lati del rogo, udivansi tuttavia le voci sonore dei frati tra il crepitare delle fiamme e lo sfasciarsi della legna. Il rogo non era più che un solo vortice di fuoco, che le parole uscivano ancor chiare e robuste. Finalmente al rovinare che fece un lato della catasta, le voci cessarono improvvisamente, e tutto tornò silenzioso. Le fiamme si spensero, i curiosi si dispersero, gli alabardieri e quei del Duca rientrarono nel castello, e di tutto quell'avvenimento non rimasero che poche ceneri sullo spianato.
      Il Duca intanto, appena smontato al suo castello di Marignano, dava gli ordini per una gran caccia da tenersi il mattino appresso, e non pensava più ai due frati come se mai non fossero esistiti.
     
     
     
      IX
     
      Movea visibilmente le labbra, dicendo le sue divozioni, e di quel suo tacito pregare non si udiva altro che lo strascico delle ultime sillabe, le quali le morivano sulla bocca in un lieve fischio che ella accompagnava col piegare frequente del capo. Di tanto in tanto volgeva gli occhi a quel letticciuolo, poi gli alzava al cielo in atto di sì desolata pietà, da far manifesto il voto segreto che mandava al Signore, perchè degnasse di richiamarla a sè....
      GROSSI, Marco Visconti.
     
      È tempo ormai che ritorniamo alla moglie dell'armajuolo ed al garzone, che abbiamo lasciato dopo il loro colloquio col Duca nelle mani dello Scannapecore.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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