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      - Peccato! che non ci sia Graffiapelle, diceva nell'andare lo Sciancato. Ci avrebbe pur fatto ridere con quelle sue buffonerie.
      - Giungerà a tempo pel giuoco di questa sera, disse lo Scannapecore, se no lo manderemo a levare. Già la parte del diavolo non è mai così bene affidata come a lui.
      Intanto erano giunti in una camera immensa e pressochè vota, nella quale non iscorgevasi altro mobile che un gran tavolone di quercia, alto quasi come una persona, e presso a quello uno strato di paglia, che pareva posta là appositamente per servir di letto a Tonio. Il garzone, non anco ben rinvenuto, fu posto a giacere sopra di essa, e a canto gli venne collocato un vaso ripieno d'acqua e del pane. Nel partire, lo Sciancato gli disse:
      - Ora, dormi tranquillo, e fa di non sognare questa notte.
      Ciò detto chiuse l'uscio con gran rumore di catenacci, e il povero Tonio rimasto solo, sentì per un momento allargarsi il cuore scorgendo di essere fuori delle unghie di quei birbi. Ma quest'allegrezza gli durò poco, e la vastità di quel luogo, il silenzio che vi regnava, il freddo che lo colse appena adagiato sul pavimento di sasso, dal quale poco riparo facevagli la paglia, gli posero in cuore un nuovo e più grande sgomento, tanto che debole com'era e per la fame patita e per l'angoscia, richiuse gli occhi e giacque di nuovo assopito.
      Bisogna dire ch'ei rimanesse a lungo in quello stato, perchè quando ricovrò i sensi e riaprì gli occhi, era già scesa la notte, o almeno così parve a lui, perchè non vedeva a due dita dal naso.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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