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      Allora tentò di sollevarsi alquanto dal suo giaciglio, perchè pareva che le ossa gli si liquefacessero pel dolore; e accomodatosi alla meglio, allungò una mano per pigliare il vaso dell'acqua, e spegnere quella grande arsura che provava. Ma cerca a destra, dove gli era sembrato vedere il vaso, allunga la mano e il corpo finchè può, non trova nulla. - Che io mi sia ingannato? pensa il garzone, e che il vaso sia a sinistra? - Voltasi dall'altra parte, non senza pena, fruga colla mano, oibò! ancor nulla. - Che sia più in là? - Tonio ajutandosi colle mani, senza però alzarsi, perchè non poteva, si muove a sinistra, e va tentone in cerca dell'acqua; ma spingi, spingi, a un tratto ecco che il terreno gli manca di sotto, e giù un capitombolo fino chi sa dove. Il poveretto non ebbe neppur tempo di gridare misericordia, e giacque disteso col capo intronato e fuori di sè. Solo nel cadere gli era sembrato di udire alcune voci gemebonde, accompagnate da grandi scrosci di risa; il che gli aveva fatto credere di essere precipitato nell'inferno in mezzo ai dannati. Però, siccome la caduta ch'ei fece non era troppo alta, così anche questo nuovo svenimento non durò gran pezza; e Tonio potè aprire un'altra volta gli occhi e ritornare in sè. Il primo suo movimento fu quello di toccare il terreno per capire in che luogo fosse caduto: ma non fu poco maravigliato nel sentire la paglia di sotto al dorso, siccome prima. Che quella caduta fosse stata un sogno? No, perchè le ammaccature del capo e della persona erano troppo fresche e gli davano troppo dolore.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





Tonio