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      La strage che fecero dei nemici fu cosa di spavento. Figuratevi che disperato valore mostrassero uomini che avevano deciso morire, e che per tanta disparità di numero sapevano dover morire.
      Di questa coorte 600 perirono, un centinajo dalle lancie nemiche stretti da ogni parte e quasi sollevati da terra, venivano per incontrastabile forza portati addietro, sempre però guardando il nemico in faccia, sempre gettandosi a petto perduto contro migliaja di punte, inviperiti, furiosi, colla spuma alle labbra bestemmiando la sorte che loro non voleva togliere la vita.
      Ora tutto lo sforzo imperiale, cavalleria, fanteria, le schiere dei frombolieri, balestrieri, le macchine di guerra si rovesciano sopra le sei schiere dei cittadini che stavano davanti al carroccio; dietro in lontananza e silenziosi stavano i trecento.
      Il Barbarossa giunse a forare, spezzando in due le schiere dei Lombardi, di modo che una metà rimase a difesa del carroccio. - Ed egli sempre animando i suoi si getta sulle file degli Italiani, ad ogni poco queste si diradano, si rassottigliano, si mostrano sceme. - O sacro carro della libertà, a te d'intorno i tuoi difensori cadono rotti come le canne dinnanzi al petto di fiero cinghiale. - La vittoria abbandona i repubblicani, e Federico imperversa nell'opera di distruzione; tempestando già s'avvicina al Carroccio, sprona il suo possente cavallo fiammingo, il quale nitrendo, lacerato nei fianchi si rizza sulle coscie e batte colle ferrate zampe del davanti sul tavolato del Carroccio.


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Cronaca della rivoluzione di Milano
di Leone Tettoni
Editore Wilmant Milano
1848 pagine 255

   





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