Pagina (20/255)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il popolo, stanco dei sofferti disagi sotto il tirannico governo dei tristi che per più di un secolo e mezzo li governò, volle proclamare la libertà e reggersi in comune. Ma esso non era più il popolo che aveva giurato la disfatta dei tiranni a Pontida, non era più quello che sbaragliò e sconfisse il nemico a Legnano. Era un popolo senza fermezza, senza coraggio, privo di quel maschio valore che fa superare ogni ostacolo, col quale avrebbero trionfato anche questa volta, e Francesco Sforza, marito di Bianca Visconti, che tutta possedeva l'arte di fingere e simulare, seppe approfittarsi di queste circostanze per ingannare i Milanesi e gettarli di bel nuovo in un mare di guai, facendosi proclamare loro duca(13). I suoi successori ora ambiziosi e deboli, ora crudeli e capricciosi, rinnovarono le triste scene dei Visconti.
      Galeazzo Maria Sforza destò l'indignazione in tutti i suoi sudditi. I primordi del suo governo furono quelli di principe cattivo e dissoluto. Si mostrò ingrato verso la propria madre, la quale volendo egli lontana da sè, fu costretta ritirarsi nel castello di Melegnano, ove chiuse solitaria e trista i suoi giorni. Oltre ad essere cattivo, dissoluto ed ingrato, la storia lo qualifica per libidinoso, impudente, feroce e brutale. Si narra che egli facesse seppellir vivo un uomo, e che ad un altro caduto in sua disgrazia per aver violate alcune leggi da lui promulgate intorno alla caccia, volesse far inghiottire una lepre intera. Tante atrocità gli suscitarono contro una congiura, a capo della quale erano i nobili Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati e Carlo Visconti.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cronaca della rivoluzione di Milano
di Leone Tettoni
Editore Wilmant Milano
1848 pagine 255

   





Pontida Legnano Francesco Sforza Bianca Visconti Milanesi Visconti Maria Sforza Melegnano Andrea Lampugnani Girolamo Olgiati Carlo Visconti