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      La Russia, mossa da gelosia, e l'Inghilterra, che prevedeva la rovina del suo commercio e del suo potere. Non solo colle armi ed in campo aperto gli si faceva la guerra, ma prezzolati libelli dall'Inghilterra si pubblicavano a suo danno: chi gridava contro l'assassinio del Duca d'Enghien, chi contro il cospiratore di Bajona, chi contro il carceriere di Ferdinando VII, chi contro l'incendiario di Mosca.
      Tutto intero il nord, compresovi anche l'Austria, si solleva contro di lui, egli si dibatte sotto la mano di ferro del suo destino, ma questa lo trascina. Vincitore a Dresda, sconfitto a Lipsia, non mai rinculando fra le grida dei popoli che contro di lui risuonavano, e i clamori delle madri che piangevano estinti i loro figli, con fronte tranquilla sostenne la caduta del grande edificio di sua mano innalzato. Circondato da generali disanimati e da nemiche popolazioni; malamente sostenuto, per istanchezza, dalla nazione di cui era il capo; accerchiato da tutte le parti da forze venti volte superiori alle sue; non ritrovando nell'interno che resistenza, e non appoggiandosi che sulla sua armata e sulla sua spada difese a palmo a palmo il terreno. In quell'eroica campagna di Francia che doveva aver fine colla resa di Parigi e colla sua abdicazione, egli non piegossi sotto il destino che all'ultimo momento, allorquando di tutto il suo regno altro non gli rimase che Fontainebleau. Tentò avvelenarsi; il robusto suo temperamento ne trionfò, gli venne poi dalla volontà dei vincitori assegnata a residenza l'isola d'Elba; egli rassegnossi e partì.


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Cronaca della rivoluzione di Milano
di Leone Tettoni
Editore Wilmant Milano
1848 pagine 255

   





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