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      Quello sparo fu la scintilla che doveva destare il più grande incendio che fosse mai. In un attimo i due granatieri ungaresi di guardia furono uccisi, gli altri soldati disarmati e spogliati, il palazzo invaso, e salva ogni proprietà domestica, distrutti tutti quei documenti per noi di troppo funesta ricordanza(22).
      Tutti i consiglieri si raccomandarono alle gambe, gli impiegati alcuni seguirono l'esempio de' loro capi d'ufficio, altri passarono fra il popolo a partecipare, di quella poca gioja che questa prima vittoria gli faceva gustare. Il solo O' Donell, capo, in assenza del conte Spaur, l'unica autorità lasciata ad un popolo posto sotto il giudizio statario, rintanato nel suo gabinetto non voleva discendere a patteggiare colla moltitudine. Poco dopo tra le acclamazioni giunsero monsignor Arcivescovo e l'arciprete Opizzoni fregiati essi pure della coccarda tricolore, i quali avendo assicurato il Vice presidente che la sua vita non avrebbe corso pericolo, l'indussero a presentarsi sul verone del palazzo, donde, palido e tremante, spiegando un fazzoletto bianco gridava: Farò quello che volete, tutto quello che volete. E il popolo a rincontro gridava: Abbasso la Polizia, Guardia Civica; ed il conte O'Donell: Sì abbasso la Polizia, la Guardia Civica. Il popolo replicava: Lo vogliamo in iscritto; ed egli l'assicurò che l'avrebbe fatto. Tradotto quindi in casa Vidiserti, contrada del Monte n.° 2634 C., sottoscrisse i seguenti editti che poche ore dopo venivano pubblicati dalla Congregazione Municipale(23).


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Cronaca della rivoluzione di Milano
di Leone Tettoni
Editore Wilmant Milano
1848 pagine 255

   





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