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      Ad uno di essi riescì di fuggire. L'altro, che si conobbe poi per certo Pirinoli Giuseppe nativo di Cunardo, comune di Luino, onde evitare il pericolo che gli sovrastava entrò in una bottega di prestinajo che si trovava socchiusa, e salite le prime scale che gli si affacciarono giunse al piano superiore, e dal solajo salendo sul tetto discese nella vicina casa N. 2189. Avvertiti i soldati andarono a spaccare la porta, e dopo di aver perquisita tutta la casa trovatolo nascosto sotto un letto nell'abitazione di Giovanni Larghi, gli scaricarono adosso alcune fucilate, e quindi lo trascinarono fuori e lo presentarono ai vicini dalla finestra, e dopo di avergli preso tutto il denaro lo gittarono in corte, gridando, va a trovar Pio Nono. -
      «Nel vicolo del Sambuco, ove è l'antichissima osteria detta della Palazzetta, recossi una mano di assassini. Chiesto ed ottenuto da mangiare e da bere, legarono l'oste colla moglie e la figlia. Fattone un fascio, buttaronli vivi sul camino, ove furono arsi. Prima di partire lasciarono sfuggire dalle botti tutto il vino che era in cantina. -
      «Guidati da certo Hansek, già loro commilitone, altri soldati penetrarono dal borgo di Viarenna nella stretta Calusca, e dopo di aver saccheggiato e commesso ogni sorta di orrori in quelle case, trucidarono tre infelici, che furono: Giuseppe Gambaroni d'anni 58 circa, ammogliato, venditore delle così dette robbiole da fuoco; Antonio Piatti d'anni 28, fabbro, e Giuseppe Belloni, cuojajo. Presi e condottili nel vicino orto, e come se fosser ad una festa da ballo ghignazzando e cantando, se li gettavano contro urtandoli e ricevendoli a colpi di bajonetta, e mentre gli infelici in questo modo crudele venivano straziati, parte degli assassini, per godere più a lungo di quella scena orribile, andarono in traccia di paglia e di legna, e gittatele addosso a quei moribondi vi appiccarono il fuoco.


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Cronaca della rivoluzione di Milano
di Leone Tettoni
Editore Wilmant Milano
1848 pagine 255

   





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