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      Ma questo che par detrarre alla lode del suo grande ingegno, ci aggiunge, come sempre fa la modestia e ogni sentimento virtuoso; perchè dall’arte difficile del conciliare il nuovo all’antico, la scienza de’ dotti agl’istinti dell’umana natura, l’idea al sentimento, apparisce più acuta la mente, più ampio il sapere, più credibile e splendida la verità. E questa pia e magnanima riverenza alla tradizione e al linguaggio, a quant’ha di più universale, e però di più celeste, l’umana natura, era a lui ragionata necessità dell’ingegno e dell’animo, era, se così posso dire, il suo proprio temperamento; perchè nel convivere e nel parlar famigliare, così come nello scrivere e nel ragionare, egli si compiaceva de’ modi più semplici, non pur sollevandoli da volgarità, ma nelle cose stesse comuni e però inavvertite infondendo come per naturale respiro un alito di purezza elettissima, d’ardua novità.
      Quanto alla forma estrinseca del suo stile filosofico, in nessuno forse nè de’ moderni nè degli antichi, la chiarezza è così severamente congiunta alla precisione, da fuggire le equivocazioni sofistiche, e da poter ribattere le obbiezioni armate d’equivoci: e se in tanta copia di spiegazioni, qualche parola è adoprata in senso diverso dal più severamente proprio, cotesto non intacca mai la dottrina, nè mai sopra tali traslati e sinonimie egli fa fondamento. Nella maggiore ampiezza della sua trattazione, disserta, non declama; filosofo sempre, mai rètore: la sua abbondanza è di vecchio maturo, signore della propria parola, che in essa senza vanità si compiace per affetto de’ giovani; non è loquacità di giovane vana: e par che voglia appareggiare agli altrui passi minori il forte suo passo.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147