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      Ma il suo sentire dell’arte era tutto italiano: e comparando la scultura italiana con le prove del più insigne fra gli stranieri, il Thorvaldsen, in quegli atteggiamenti, in que’ lineamenti cercati dal Danese, sebbene formatosi alla scuola d’Italia, notava non so che d’inamabile nella stessa bellezza, non so che d’incompiuto e di manco. Perchè la bellezza compiuta era a lui quella che accogliesse meglio in sè le più comuni forme del genere rappresentato, e che idoleggiando l’universale, richiamasse con più verità maggior copia d’oggetti cioè d’idee, parlasse quindi a maggior numero d’intelletti e di cuori, e maggiore dovizia di concetti e di sentimenti creasse. Nè però quella forma d’arte che dicesi gotica, intorno alla quale sì nuove cose argomentò Carlo Troja con dotta divinazione, era ineloquente a’ suoi occhi; quantunque egli ammirasse nell’architettura palladiana quell’armoniosa pace e semplicità che all’occhio insieme ed all’anima è lieto riposo. Così tuttocchè innamorato della casta poesia di Virgilio, sentiva nel Messia del Klopstock un’aura di sacra mestizia spirare tra quelle fronde per troppa spessezza languide; e forse la tenerezza che gliene veniva all’animo era un presentimento de’ suoi proprii immaculati e sereni dolori.
     
     
     
      X.
     
      Amava il Rosmini l’Italia d’amore non accademico nè furibondo nè subitano a modo d’ubbriachezza che venga da un bicchiere di più, e che se ne fugga vergognosa col sonno. Rovereto, come suole i paesi in confine, non per ripulsione dall’orbita straniera, ma per attrazione al naturale suo centro, ha sensi italiani più che altre terre più prossime al centro d’Italia: e in tempi quando dell’italianità non si poteva ripetere: Ut pueris placeas et declamatio fias, Clementino Vannetti, che non era un Alfieri, sentiva ribrezzo della denominazione di Tirolese quasi contrapposta a Italiano; e rimase tradizione viva non solo in casa Rosmini ma in tutto il popolo quel sonetto al fiorentino Morrocchesi il qual finisce, che dove cominciano a vedersi


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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