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      A lui giovò grandemente l’educazione tutta domestica a svolgere liberamente l’ingegno fuor delle pastoie della scuola, fuor delle corruzioni e de’ chiassi del collegio, fuor delle gelosie e delle vanità che suscita il paragone fra condiscepoli inuguali di fortuna e di pregi, fomentate da quella pericolosa emulazione con che i maestri attizzano improvvidamente l’orgoglio e si fanno un’arte e un debito di seminare la passione fra i triboli della grammatica e le erbacce dell’umanità; fuori delle puerilità che s’attaccano da ragazzo a ragazzo quasi contagio pruriginoso. E ancora più gli giovò l’educazione domestica a tenergli l’animo verecondo e raccolto, a farlo amico de’ suoi maestri, a nutrirlo di quegli affetti che gli serenarono tutta la vita facendolo capace d’amicizie candide non meno che ardenti. La potenza dell’affezione era tanto in lui più feconda quanto più contenuta dalla virtù, e, quasi direi, meditata, e con gli apparecchi degli anni primi, non meno del suo sapere, educata. E siccome egli fu dotto perchè fin dal primo volle essere dotto per bene adempire gli uffizi della vita; così fu vero amico, perchè fin dal primo sentì l’amicizia come naturale istinto e come morale necessità, la coltivò com’arte bella, come difficile scienza e profonda.
      Uscito agli studi dell’Università di Padova ov’io lo conobbi, diffuse su’ nuovi conoscenti che a lui ne paressero non immeritevoli quella ricchezza d’affezioni domestiche, la quale egli aveva raccolta in sua casa come uomo che risparmia saviamente per generosamente poi spendere.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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