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      Tuttochè preso dall’amore degli studi, e rigido estimatore del prezzo del tempo, e’ ne donava con gioia a’ colloqui amici, i quali, massime se versassero in argomenti di filosofia, prolungava nella notte tarda; e le obbiezioni accettava non solo con sofferenza ma con diletto sì per lo zelo di comunicare ad altri la verità posseduta, sì per il merito di pur provarsi di comunicarla anche a chi gli appariva troppo lontano dal riceverla in sè o poco idoneo a riceverla mai, sì perchè quelle dispute vivacissime ma sempre pacifiche e gaie gli addestravano la parola e la mente, lo raffermavano nei suoi principii o gl’insegnavano come meglio dichiarare e temperare e ampliare (che talvolta si temperano ampliando), e gli aprivano a nuovi prospetti d’idee l’intelletto. Così i suoi diporti stessi e quei perditempi che richiede la vita corporea e la sociale, erano a lui meditazione continua; e l’affetto gli si smaltiva in idea.
      Ma questo affetto, quantunque tenesse della tenerezza materna, non era mai scompagnato da un quasi paterno rigore; nè la tenerezza gli toglieva mai il sentimento de’ difetti altrui, nè il rigore lo faceva voglioso dell’importunamente correggerli, o nè anco del freddamente ammonirne, ma, bastandogli di dar modestamente a conoscere com’egli li conoscesse e non li approvasse, lasciava al tacito esempio e al tempo e a Dio e alla creduta bontà dell’amico l’agio e la libertà d’operare. Nè io mai vidi in altr’uomo, credente o no, tolleranza più vera perchè conciliata a benevolenza e a pietà riverente, perchè conscia de’ danni del male e del falso, e della bellezza del Vero, perchè fatta più meritoria dall’ardente amore del buono, e dalla cura incessante d’acquistarli e di diffonderli massime nelle anime che più prossimamente egli amava.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





Dio Vero