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      Gli fu maestro ed amico il fratello dell’altro, l’Ab. Pietro Orsi, acuto ingegno, pensatore ornato di lettere, cuore schietto; al quale il Rosmini dovette l’essere iniziato nelle dottrine tedesche con la scorta del senno Italiano; e nella Introduzione alla Filosofia ne ragiona con la gratitudine della quale mai le anime ricche non sono avare. In Milano ebbe amico non così stretto, ma ammiratore cordiale, tra gli altri, l’Ab. Polidori di Loreto, il cui fratello fu condiscepolo e amico d’un mio zio in quel collegio, ove andavano chierici di Dalmazia a educarsi; e io tra fogli di famiglia ritrovai lettere d’esso mio zio latine davvero per pensata eleganza, a questo Polidori che credo sia il Cardinale: ma non me ne sono mai accertato. Così le tradizioni delle nazioni varie e degli uomini lontani, delle lingue e delle sorti diverse, non il caso ma una provvida legge le viene conciliando, intessendo: e gli affetti e gli studi e le opere più differenti rinvengono nel passato una radice comune, e una ragione di sè.
     
     
     
      XII.
     
      Siccome un Vicentino fu che mi fece amare Virgilio in quel collegio di Spalato ov’era stato scolaro Ugo Foscolo; un altro Vicentino, amico d’un altro mio congiunto, doveva essermi occasione a conoscere il Rosmini, il quale viste delle mie cosette latine, mi venne primo a vedere: al che non m’avrebbe forse fornito opportunità l’essere io condiscepolo seco di diritto canonico, alla quale scuola convengono d’obbligo e chierici e laici; diritto allora insegnato nelle Università dell’impero austriaco con dottrine molto più audaci di quelle di cui Roma oggidì si risente.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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