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      XVI.
     
      Il Rosmini nutre tanta riverenza verso il senso comune e verso la tradizione e l’autorità, che dall’uno e dall’altra acquista forza e ne aggiunge; distingue col titolo di volgare appunto la scienza di coloro che accolgono senza scelta e senza scelta rigettano, che ad ogni ora gridano contro il pregiudizio, e sono di pregiudizio inzuppati. All’autorità ed alla fede egli vuole che la natura e la ragione vengano conciliate, anzi di queste fa scala a quelle nella storia dell’uomo e di tutta l’umanità. La scienza umana egli non può separare dalla religiosa, perchè ne’ tempi più gloriosi alle nazioni e negli uomini delle nazioni più benemeriti le si trovano naturalmente accoppiate, e perchè la scienza non può esser civile, cioè concordemente e stabilmente efficace sulle moltitudini, se religiosa non sia. Ma la sua religione vuole nel filosofare libertà; predica la conciliazione delle sentenze diverse; e nel commetterle insieme in corpo vivente, non già nello sdraiarle l’una lungo l’altra o nel prenderne alcuni squarci a caso o a capriccio, fa consistere l’unità.
      Con questo intendimento egli tesse la storia della filosofia quasi la vita d’un uomo; addita nelle dottrine i germi del vero presentiti, e o cominciati a svolgere, o soffocati, e poi ripullulanti, e mortificati da capo: addita i passi altresì dell’errore, e fin le occasioni e gl’impulsi tenui remotissimi. Con acuto avvedimento tiene di conto delle obbiezioni che a dottrina fecero non gli avversari ma i seguaci suoi stessi, di quelle che fece a sè medesimo l’autore, più o meno consapevole; delle petizioni di principio e delle contraddizioni: e la ripetizione è talvolta la maschera della contraddizione.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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