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      E quest’è vera storia perchè ricerca la scienza nell’intimo della coscienza; e ci dà la morale di questa gran favola, tra dramma e apologo, ch’è l’umana filosofia. Ponendo, esso, le questioni nette, si aiuta a riconoscere dove gli altri le abbiano non ben vedute, e perchè non le abbiano bene sciolte; e va diritto al forte della questione con quel coraggio ch’è ignoto alle teste superbe, le quali fanno di tutto per dissimulare a sè stesse le difficoltà; e per volerle scansare si sviano, per saltarle, rovinano.
      Ridico, ed importa, che sì nel porre e sì nello sciorre la questione, e’ si guarda dall’eccesso e dal difetto, che sì sovente s’alternano nelle umane cose. Egli, critico sì poderoso, riprende la critica intemperante; egli, ingegno sì speculativo, riprende l’intemperante amore della speculazione; egli che deplora la decadenza dell’arte logica, decadenza inevitabile quando il senso morale comincia mancare alla scienza; egli che apprezza tanto Aristotele in questo, e che ragionandone dianzi meco attribuiva a lui l’invenzione dell’arsenale logico tenendo che l’India da lui lo togliesse (di che io dubito tuttavia), e assentiva a me che il diverso fare filosofico dello Stagirita dal fare Italico e Greco attribuivo alla diversità della razza da’ Greci avuta per barbara; lo giudica senza ammirazione ligia nell’opera che scrisse di lui e che aveva a essere un capitolo solo d’altr’opera, ma poi, come avvenne più d’una volta, gli crebbe in un volume da sè. Vuole del resto il Rosmini (e non mi pare che Aristotele mai lo ponga così nettamente), che il metodo filosofico tenga le vie che tiene in fin dal primo naturalmente la mente dell’uomo ne’ suoi svolgimenti.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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