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      Eccitato il Rosmini a rispondere da chi, ascoltatore de suoi ragionamenti e spassionato intenditore de’ libri suoi, non temeva punto per esso, rispose che alle obbiezioni di que’ tre volumi tutte (e forse non ce n’è ch’una sola) rispondeva già la risposta fatta al Sr Mamiani. Ma fors’anco lo svogliò dalla disputa il vedere l’avversario tanto avido d’attaccarla come se fosse un nemico o se lui stimasse nemico; ne lo svogliò l’imagine scandalosa e quasi ridicola di due preti, di due filosofi, di due italiani, che si gettassero l’uno all’altro in faccia il titolo di panteista, e altre immondizie, tristo spettacolo ai disprezzatori dell’Italia e d’ogni filosofia e d’ogni fede; ne lo svogliava la tema che quella disputa riuscisse un perditempo, atteso il risico di sviarsi dalla questione in disgressioni oratorie e di ricadere nella ripetizione di cose già confutate, come segue ai contendenti più retti e più validi; ne lo svogliava la memoria dolorosa e il senso presente di controversie, altre potute evitare, altre fattegli inevitabili dall’onore e dalla coscienza; ne lo svogliavano le occupazioni molte, le idee nuove alle quali sentiva dovuto il tempo già poco; ne lo svogliava massimamente il consiglio di quella virtù generosa che s’era venuta con gli animi corroborando.
      Debbo qui dire di me. Io conoscevo il Gioberti perchè visitato da lui cortesemente per primo in Parigi, e onorato poi di cortese sua lettera da Bruxelles alla quale risposi senza cerimonie che non sono di mio uso ma con riverenza; e poi consolato in Nantes del dono del suo volume, onde mi rallegrai seco di cuore.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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