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      Non è però che de’ primi suoi o studi o sentimenti ricevuti dagli abiti e dagli esempi, non rimanesse all’egregio uomo alcuna opinione ch’io oserei dire alquanto pregiudicata: come laddove egli pone la proprietà degli averi materiali per condizione ai diritti politici e quasi per guarentigia allo spirito, il che non mi pare conforme nè alla dottrina cristiana, nè alla rosminiana de’ gradi dell’essere, nè all’esperienza, e nè anco alle norme della scienza de’ corpi, la quale, per bruta che voglia farsi, non può mettere alla pari una lamina d’alluminio e molto meno un pezzo di gneiss (perdonisi la voce barbara che qui ci cade) con la potenza del magnetico e della luce. Nè, quanto alla pratica, tutto quel ch’egli desiderava attuato mi pare accettabile; come quando e’ voleva che un giornale facessesi in cui notare gli spropositi logici de’ giornali e de’ nuovi libri; che sarebbe certamente riuscito guerra formidabile, massime se capitanata da lui, e in pochi colpi decisa ciascuna battaglia, mettendo il nemico alle prese seco stesso e facendo che da sè si disfaccia. Ma siccome lo schierare in lunga fila gli umani misfatti o deformità non renderebbe nè più santa la razza nè più gentile, così notare gli sbagli di logica che sono effetto e indizio degli errori morali, aprire una galleria miseranda d’assurdità, non sarebbe cosa nè lieta agli amici del bene, nè esemplare agli inesperti, nè fruttuosa agli erranti, i quali da un esempio di retto ragionare e sentire e operare sarebbero più che dalla schifosa contemplazione del contrario ravviati.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147