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      No, no; nessuno è necessario a Dio. Le opere che Dio ha incominciate, le finirà egli co’ suoi mezzi che sono nelle sue mani; che sono moltissimi, e sono un abisso, al quale noi possiamo affacciarci solo per adorarlo. Quanto a me, sono del tutto inutile; anzi temo essere dannoso: e questo timore non solo mi fa essere rassegnato alla morte, ma me la fa desiderare. - Oh! per amore del Cielo non dica cotesto. Che faremo noi? - Adorare, tacere e godere -. E così dire, e baciar la mano al Manzoni, fu un punto: e il Manzoni confondersi in atti d’umiltà e di tenerezza non dicibili con degna parola. Volendo egli e il prof. Pestalozza, coraggioso e cordiale difenditore del Rosmini, lasciarlo in pace, questi pregava rimanessero, che la loro vista gli era elisire di vita. Il medico dopo il colloquio gli sentì il polso più tranquillo di prima.
      Narrasi d’un Inglese illustre, che, in fine, mandò per un amico, venisse a veder come muore un Cristiano. Qui non solamente nessuna pompa, ma nè anche sfogo di quelle affezioni e idee grandi che gli si eran fatte natura: volle morire, o a dir meglio per istinto morì come un semplice cristiano di quell’umile popolo nel quale e’ sentiva davvero la voce e lo spirito della divinità. Egli soleva commendare siccome un progresso del Cristianesimo civile l’affabile e quasi direi avvenente pietà di quel Francesco di Sales, apostolo del cuore, filosofo dell’affetto, scrittore grande che dalla semplicità deduce l’efficacia, e dalla bontà l’eleganza; non senza augurio felice posto quasi anello d’oro tra Piemonte e Svizzera e Francia.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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