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      Gionata stava sempre aspettando il destro di dire al padre in pro del cognato suo caro qualche buona parola. E un giorno ch’egli era all’aperto, e che la vista del cielo sereno pareva rasserenasse l’animo del re, il quale s’apriva a Gionata più confidentemente che mai; questi, affrettando le parole e abbassando la voce con atto d’instante preghiera, non come guerriero ardito ma come fanciulla timida, prese a dire: «Non fate male, padre mio e re, a Davide servo vostro, il quale non vi ha fatto alcun male; anzi s’adopra per noi, e mise la vita tante volte a cimento, come fiaccola esposta al soffio de’ venti; e sconfisse i vostri nemici: e così fu salvo, per grazia del Signore, Israello; e voi stesso, padre mio, ne aveste allegrezza. Perchè dunque volere un sangue innocente?». La soavità e la franchezza e la semplicità di questa preghiera mista a rimprovero irreprensibile penetrò al cuore di Saul e fu come un lampo che, tra desiderato e temuto, illumina la valle e mostra allo smarrito viandante il cammino precipitoso. Onde placato Saul disse a Gionata: «No, al nome di Dio, non vo’ che Davide muoia». Non osava Gionata dimostrare tutta la gioia dell’animo; che quella non paresse offesa al passato rancore del padre misero e amato. E chiamò Davide, e gli disse la cosa e l’accompagnò a Saul egli stesso, per leggere negli occhi o negli atti del padre quel che s’avesse a sperare d’ora innanzi o a temere. E il re lo accolse con sembiante tranquillo, come se nulla fosse corso tra loro; e pareva contento di Davide, perch’era meno scontento di sè.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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