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      Davide e i suoi con le grida aiutano il terror delle lancie: le donne e i fanciulli prigioni gridano anch’essi, incuorandole alla caccia, e pregando Iddio che al loro braccio dia polso. I rubatori si cacciano adesso fra’ poveri prigioni, pur dianzi scherniti, che con l’ombra loro li salvino; e gl’Israeliti dovevano, nel mirare al nemico, por mente che nessun de’ prigioni toccasse ferita.
      Fu lunga la strage. I morti quasi manne sul campo giacevano a mucchi. Quattrocento giovanetti montarono sui cammelli e fuggirono. Or che costava a quel signore amalecita gettare sul dorso d’un cammello quell’Egiziano servo, chiedente pietà? Tanto poco ci vuole talvolta a fare un’opera buona e a liberarsi da un grande pericolo! I prigionieri rapiti da Siceleg, furono tutti salvi, dal vecchio al bambino; salve le più tra robe di pregio. Molte anco le pecore e i buoi dal nemico rapiti in terra di Filistei; e li mandò Davide innanzi al suo piccolo esercito, come in trionfo. E ritornarono al torrente dov’erano restati i dugento stanchi, restati per cenno di Davide stesso. I quali vennero incontro a’ compagni: e Davide primo, appressatosi ad essi li salutò con maniera affettuosa. Ma tra i quattrocento combattitori parecchi erano gente rotta, avida più di lucro e di risse, che desiderosa di concordia e d’onore. E costoro cominciarono gridando a dire: «A quelli che non sono stati con noi, non s’ha a dare nulla. Rendiamogli a ciascuno la sua moglie i figliuoli; e anche di questi ringrazino il valore nostro.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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