Pagina (46/166)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Io mosso dalla curiosità della materia, anderò colla tardità del mio ingegno rintracciando qualche vestigio di questa cognizione, preso il medesimo tema del sagacissimo Vecchio, cioè CHE L'ENERGIA DELLA PERCOSSA DEBBA ESSERE INFINITA. E per segno d'obbedienza, e di devozione esporrò oggi questi pensieri al purgatissimo giudizio di così dotta Accademia, tanto più volentieri, quant'io mi persuado, che anco l'istesso Galileo s'appagherebbe piuttosto di questa sola udienza, che di publicare i frammenti de' rimasi suoi scritti.
      Sottopongasi alla nostra contemplazione una tavola di marmo, la quale per essere spezzata, senza forza di percossa alcuna, ricerchi d'aver sopra di se un grave quiescente, che pesi non meno di mille libbre. Se un'altro grave che pesi solamente libbre cento, sarà posto quiescente sopra la medesima tavola, non avrà per certo forza tale, che sia bastante per romperla; poiche a questo effetto vi vogliono non cento, ma mille libbre di peso, come supponemmo. È dunque manifesto, che il momento, o vogliamo dire attività di cotal grave, per rompere il piano sottoposto, per se solo sarebbe come nulla. Non si nega, che il momento di tal grave non sia cento libbre com'egli è, e che multiplicato non possa romper la tavola; anzi s'afferma ch'egli è cento libbre, e che con questo momento di libbre cento, gravita egli non solamente adesso, ma graviterà sempre uniformemente sopra il piano a lui sottoposto; in tal maniera però, che in ciascuno istante del tempo che continuamente scorre, egli và facendo la sua violenza solamente di cento libbre per volta, alla tavola di marmo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Lezioni accademiche
di Evangelista Torricelli
Stamperia Guiducci e Santi Franchi Firenze
1715 pagine 166

   





Vecchio Accademia Galileo