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      Attaccava poi alla corda del medesimo arco, un peso quiescente tanto grande, che incurvasse, e tirasse giù la corda dell'arco per lo medesimo spazio di quattro dita, ed osservava che tal peso voleva essere circa dieci libbre; fatto questo, prendeva un altro arco più gagliardo del primo, alla corda di esso sospendeva la medesima palla di piombo col medesimo filo, e facendola cadere dalla medesima altezza, notava per quanto spazio ella attraesse la corda. Attaccava poi del piombo quiescente, tanto che facesse il medesimo effetto; e trovava, che non bastavano più quelle dieci libbre, che bastavano prima, ma volevano esser più di venti. Pigliando poi di mano in mano archi sempre più robusti, trovava che per agguagliar la forza di quella medesima palla di piombo, e di quella medesima caduta, sempre vi voleva maggiore, e maggior peso, conforme che l'esperienza si fosse fatta con archi più, e più gagliardi. Adunque, diceva egli, se io piglierò un arco gagliardissimo, quella palla di piombo, che non passa due oncie, farà effetto equivalente a mille libbre di piombo. Pigliandosi poi un arco mille volte più gagliardo di quel gagliardissimo, quella medesima pallina farà effetto equivalente ad un milione di libbre di piombo; segno evidentissimo, che la forza di quel poco peso, e di quel braccio di caduta, è infinita.
      Abbelliva egli le specolazioni della filosofia con ornamenti di erudizione. Assomigliava la forza della percossa a quei Cani generosi, i quali non degnavano di mostrare il lor valore nello steccato, contro bestie poco feroci; ma si fanno ben conoscere nello strangolar Leoni, e sbranar Elefanti.


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Lezioni accademiche
di Evangelista Torricelli
Stamperia Guiducci e Santi Franchi Firenze
1715 pagine 166

   





Cani Leoni Elefanti