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      Roma e Bizanzio incominciarono a guardarsi come rivali: e le gelosie bizantine furono un chiarissimo argomento della esistenza di qualche cosa nella antica regina delle genti, che intorbidava la pace degli Imperadori orientali. Roma era stata inabissata dai Barbari, non le avanzava che la memoria della sua grandezza; il solo Papa le tirava sopra la riverenza di tutto il mondo, e la rendeva fondamento di ogni civile speranza, pel conforto che spandeva sulle affrante generazioni. Non era l'ambizione di qualche riputato capitano, come Belisario, Ezio, il conte Bonifazio, che faceva paura, non quella di un Re o Duca Longobardo, che avesse potuto attingere alla cima del R. Imperio; ma bensì quella tradizionale coscienza de' popoli di unico potere universale, quale ottenne Augusto, e che nello spirito del diritto andava riposandosi nelle mani del vescovo di Roma, solo rivestito di universale e benefico potere. Le gelosie non irruppero colla forza delle armi, perchè il Papa era un prete inerme: ma insidiarono coll'arma della scisma, guastando la radice del papale potere. In Bizanzio l'Imperadore, in Ravenna l'Esarca: quegli ingenerò Fozio; questi la superba indocilità degli Arcivescovi Ravennati. Adunque in coloro che si tenevano Imperadori in Bizanzio osteggianti alla Romana Sedia si appalesava quel diritto di Romano Imperio, che il successore di S. Pietro non aveva ricevuto per alcuna ragione, che non intendeva esercitare come ogni altro successore di Augusto, che non rendeva visibile per alcuno argomento che imperiale fosse; ma che pure la necessità di un potere universale e benefico faceva riconoscere ai popoli come esistente in lui.


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Storia della Lega Lombarda
di Luigi Tosti
Tipi di Monte Cassino
1848 pagine 398

   





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