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      Per la qual cosa Abelardo fu terribile riprenditore dei vizi chericali; e come questi si derivavano dalla troppa cura che prendevano delle terrene cose, alle loro ricchezze, al potere, laicale che ministravano, assestò i colpi.
      Fra i suoi discepoli fu Arnaldo da Brescia, Lombardo, e perciò già educato a quello spirito attivo che edificava le Repubbliche in Italia; accolse lo spirito filosofico di Parigi, che dalla cattedra di Abelardo si diffondeva acre e nemico della sacerdotale potenza. Come Italiano nulla aveva a fare in Francia; si recò in Lombardia poi in Roma; perchè in queste parti era la sede del sacerdozio in tutta la sua grandezza, ed una libertà ad aiutare. Facondo parlatore, rinfocò gli animi e persuase ai Romani, non doversi lasciare in mano del Papa il temporale reggimento, doversi risuscitare l'antica Repubblica. Così l'Impero ed il Sacerdozio che eransi combattuti a vicenda, ebbero un comune nemico a combattere, Arnaldo da Brescia.
      Egli era stato colpito di anatema da Innocenzo nel concilio Lateranense, e costretto a riparare in Francia; ma lasciò in Roma la semenza della sua dottrina, che recò frutti amarissimi a quel Papa. Tornatovi sotto Papa Eugenio III, il popolo, che quasi lo adorava come un Profeta, si mise all'opera di far rivivere la Repubblica. Abbattè le case dei Patrizi, corse furibondo addosso ai Cardinali, abolì la dignità di Prefetto, ricompose l'ordine senatorio ed equestre, si recò in mano la signoria della città, togliendola al Papa. Questi adoperò la forza, poi discese ad accordi, per cui gli fu rinnovata l'obbedienza del popolo: tornò il Prefetto, ma stette il Senato, e con lui lo stesso Arnaldo.


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Storia della Lega Lombarda
di Luigi Tosti
Tipi di Monte Cassino
1848 pagine 398

   





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