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      Il suo governo trascorse tra guerre continue; all'usurpatore mancava il senso della sicurezza sul trono; la sua natura soldatesca propendeva all'imperiosità e alla violenza. Tanto meno inclinava a lasciarsi cader di mano l'arme a due tagli delle leggi eccezionali; egli per l'appunto, per cui l'indeterminatezza del potere aveva il valore di supremo principio di governo. Il senato, cieco strumento dell'imperatore, "decise sopra tutto, che nella costituzione non vi sieno eventualità previste"; e questo principio costituisce la pietra angolare del sistema napoleonico. "Una costituzione è l'opera del tempo; bisogna lasciare aperta la via più estesa possibile al miglioramento", aggiunge esplicitamente lo zio; e il nipote, che ha scaltramente accettato cotesto gioiello del bonapartismo nella costituzione che egli stesso ha fatta, ammira l'uomo di stato, che è anche navigato uomo di mondo, il quale non volle regolare tutta la materia in anticipazione, alla maniera dei dottrinari.
      Per conseguenza la volontà del despota non trovò nemmeno una sola limitazione nei regolamenti di servizio del suo personale burocratico. In forza delle vecchie e delle nuove leggi di pubblica sicurezza, poteva inviare di botto i suoi nemici sulle coste malariche della Guiana; sospendere di botto il giurì in 14 dipartimenti, o incorporare a uno a uno in un reggimento di artiglieria gli alunni di un seminario a lui ostili; far pronunziare di botto da un tribunale militare una sentenza capitale o rinviare a giudizio i giurati di Anversa, perché il loro verdetto non aveva corrisposto al desiderio dell'imperatore.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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