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      Nel 1810 apre altre otto prigioni di stato "per coloro che non si possono rinviare a giudizio, ma che nemmeno possono tenersi in libertà". E che la torre di Vincennes sotto l'impero celasse raccapriccianti misteri come soltanto la Bastiglia sotto Luigi XV, ce lo dicono sommariamente gli scritti postumi di Tocqueville, che ne dà una descrizione sinistra su ragguagli di testimoni oculari. Lo spirito dell'arbitrio finisce con l'insinuarsi in tutti i rami della vita pubblica. L'imperatore viola di continuo le sue proprie leggi: vieta il commercio con l'Inghilterra e accorda a particolari favoriti la concessione di contravvenire al divieto. Sotto il bonapartismo l'eguaglianza svela il suo vero aspetto: nessuno in Francia gode un privilegio, salvo che per grazia dell'imperatore. Questa incertezza di tutti i rapporti sociali era il peggiore di tutti i mali del tempo. Nessuno si sentiva contento di un oggi tollerabile, perché ognuno tremava pel domani incerto. L'imperatore finisce come il console aveva principiato: durante la guerra del 1814, come allora dopo il 18 brumaio, Napoleone manda nelle provincie commissari con poteri illimitati. La serpe si morde la coda, il dispotismo ha descritto il suo cerchio sciagurato.
      Al postutto, facilmente si spiega il perché madama di Staël chiamasse l'imperatore il Robespierre à cheval, e il nostro Schlosser, per contro, non avesse mai saputo contenere l'entusiasmo per l'eroe democratico, mentre altri liberali lo maledicono come il nemico mortale della libertà, il restauratore dell'antica tirannide; e il nipote lo deifica come l'esecutore testamentario della Rivoluzione, il quale col pugno possente ne ha scosso via i frutti bugi e condotto con cura a maturità i promettenti.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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