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      Ma per poco che Napoleone fosse invece, come arguiva l'astuto Fouché, ritornato nel 1820, chi sa che i peccati della Restaurazione dentro e fuori la Francia non avrebbero spinto tra la nobiltà imperiale anche il ceto medio, e preparata all'imperatore una vittoria duratura?
      Fatto sta, che il despota rivoluzionario era nemico del feudalismo insieme e del liberalismo, e noi non possiamo in nessun modo stimare, insieme col nipote, una tal situazione come un giusto mezzo prudente e ragionevole. Un uomo come lui, noi non lo giustifichiamo col servile luogo comune, che un'età di partiti in lotta deve necessariamente finire nella monarchia assoluta. Cotesta proposizione è una verità solo rispetto ai popoli la cui forza morale è spenta. Come mai tornerebbe adeguata una tale discolpa al còrso, il quale ha coonestato fino alla noia la propria azione con le pecche dei francesi, eppure giorno per giorno lavorava sistematicamente a tirare al grande tutti i difetti di quel popolo? Quanto diverso effetto si era ripromesso dal proprio ufficio Cromwell, il quale, come ebbe afferrato il timone, si adoprò con leale sforzo a produrre uno stato di libertà, un settlement alla nazione! Il carattere a due facce, vero a metà, del bonapartismo si tradisce in modo sorprendente nell'attitudine incerta di Napoleone davanti alle idee del suo tempo. Ora egli dileggia gl'ideologi, ora li teme, ora sente di essere quel che è soltanto in virtù della Rivoluzione e di dover la propria grandezza alla potenza generatrice di quella terra madre; ora in fine si sforza costantemente di soffocare, secondo il costume dei despoti, il libero pensiero.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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